della Dott.ssa Federica Zanella
Ognuno di noi è attore della propria realtà, pur vivendo in una comunità. Qual’è il giusto equilibrio tra noi e gli altri, tra questi due estremi, per vivere bene? Per trovare una risposta dobbiamo fare un passo indietro per fare prima una riflessione sulla cultura occidentale e la cultura orientale.
Cultura occidentale e tradizioni orientali: due approcci differenti
La cultura occidentale ci ha abituati fin troppo bene a considerarci come individui indipendenti l’uno dall’altro, singole entità con pensieri, obiettivi e stati d’animo privati e difficilmente comunicabili. Dall’altra parte, le tradizioni orientali promuovono un’idea di comunità ampia, in cui nessuno esiste senza il proprio contesto e ogni membro si muove in funzione di questo. Entrambe queste filosofie racchiudono notevoli vantaggi, tra cui il senso di agentività o la potenza della solidarietà, ma come ogni buona medaglia, hanno anche un’altra faccia, come ad esempio il senso di solitudine o la tendenza ad attribuire all’esterno la responsabilità degli eventi. E allora dov’è il giusto equilibrio?
Il giusto equilibrio tra noi e gli altri
Nella nostra quotidianità, molto spesso ci troviamo nella condizione di sentirci gli unici responsabili della nostra vita, come se tutto dipendesse da noi e non ci sia nessuno che veramente possa capire la nostra condizione, sentendo un peso sulle spalle che ci riteniamo gli unici a poter portare. Di contro, altre volte abbiamo a che fare con le nostre vite frenetiche, che ci concedono a mala pena il tempo per fermarci e capire che direzione sta prendendo la nostra vita, seguendo un percorso preimpostato e non chiedendoci cosa veramente sia rilevante per noi.
Non è infrequente, dunque, scivolare ai poli estremi di queste modalità di vedere il mondo e sé stessi: da una parte si rischia di barricarsi entro le proprie convinzioni, diffidando del sostegno altrui e spesso temendo l’invasione dei propri confini, così alacremente costruiti e sorvegliati; dall’altra, si fatica a definirsi e riconoscersi, cercandosi negli occhi e nelle reazioni altrui, convincendosi di dover assecondare le aspettative esterne per non perdere il posto che gli altri ci hanno riconosciuto fino a quel momento.
Come possiamo cercare un equilibrio tra questi estremi, sentendoci attori della nostra realtà, ma parte di una comunità allo stesso tempo? Come facciamo a tracciare il nostro confine, ma renderlo poroso alle influenze dell’esterno?
Proviamo a pensarci come un nodo di una rete
Se manca anche solo un nodo, la rete avrà un buco e non assolverà alla propria funzione di contenere o delimitare; se però ci fosse solo un nodo, nessuno potrebbe definire quel groviglio una rete. Una rete è tale fino a che ogni nodo, alla giusta distanza l’uno dall’altro, tiene saldi i nodi adiacenti e non si scioglie a sua volta, perché supportato da quelli vicini. Fuor di metafora, pensiamoci come individui capaci di provare sentimenti, avere pensieri, porsi obiettivi unici e peculiari, frutti della propria storia e del proprio specifico punto di osservazione del mondo. Ma non dimentichiamoci che tutto ciò viene reso possibile dalle altre persone significative che ci circondano e abitano i nostri stessi contesti, che la nostra storia non esisterebbe se non ci fossero stati altri a cui raccontarla, che spesso hanno collaborato a scriverla giorno per giorno. Ci sarà sempre, infatti, qualcuno pronto ad accogliere, contestare, proporre, rifiutare, offrire, prendere, attendere, lasciare, saremo poi noi a scegliere se blindare le entrate dei nostri confini, se sbirciare quel qualcuno dalle crepe, se invitarlo dentro ad apprezzarne insieme la solidità o addirittura se curiosare entro la sua roccaforte: è nel modo con cui scegliamo di interagire gli uni con gli altri che ci definiamo come esseri umani.
Proteggiamo il nostro confine, ripariamolo se è necessario, apriamo delle finestre per fare entrare nuova luce, ma non rischiamo di illuderci che fuori dal nostro cancello ci sia il deserto, perché il nostro confine è tale nel momento in cui ce ne sono altri che condividono i nostri stessi bordi.