Gli imprevisti della nascita: ce li racconta l’ostetrica

di Beatrice Folco, Ostetrica

Quando si parla di nascita e di parto la domanda più corretta sarebbe: ma cosa c’è di veramente prevedibile in una nascita? La nascita ti mette davanti sin dal primo istante,  dal momento in cui tutto è ancora “solo” desiderio,  quanto impossibile sia poter prevedere qualcosa attorno ad essa; gravidanze desiderate che tardano ad arrivare, gravidanze impreviste che diventano benedizioni, parti infinitamente lunghi, parti troppo brevi, precipitosi, parti con epidurale quando si sperava in una nascita naturale, parti cesarei, parti indotti, allattamenti che vanno e allattamenti che arrancano. Non esiste nessuna certezza e nessun imperativo categorico.

Gli imprevisti della nascita: non c’è nulla di veramente prevedibile

Il mio più grande “imprevisto” è stata la nascita della secondogenita Matilde a 32 settimane, dopo un ricovero di tre per rottura del sacco amniotico, facendo colazione. Sicuramente è stata quella che comunemente viene definita come una bella stangata, una botta sui denti. Ci sono state tante lacrime, sono emerse paure profonde e ancestrali, sensi di colpa (beh ovvio, quelli non possono mai mancare!!), infinite domande esistenziali, senso di ingiustizia e di impotenza. Ma poi arriva la resa, l’accoglienza.

Imparare ad accogliere la nostra strada, anche se non è quella che abbiamo scelto

Sentire e comprendere fino in fondo che quella doveva essere la nostra strada, quella che non avrei mai scelto, quella che non mi piaceva affatto, ma la nostra. E così poi si passa all’attivazione, il mettersi in cammino per percorrerla, affinché quel sentiero scosceso di montagna potesse trovarci più equipaggiati possibili e perché quell’imprevisto potesse essere più dolce possibile. E se rifletto meglio mi rendo conto che nemmeno la nascita di Teresa, la primogenita, è stata così prevedibile, seppur più allineata ai miei desideri e più da manuale!

Ecco quindi che secondo me occorre soffermarsi su quale sia il nostro ideale di nascita per disegnarlo come un progetto che può cambiare “in corso d’opera” o qualsiasi cosa si discosti da qui potrebbe renderci potenzialmente insoddisfatti. Un po’ come è ogni imprevisto della nostra vita.

I corsi preparto (qui ti spieghiamo come li organizziamo noi) potrebbero dare un’idea sbagliata, dipingere una nascita poco realistica e quasi impossibile da realizzare; partorire può quindi diventare un’impresa colossale, quasi insostenibile se si pensa ad una nascita ideale.

Quello su cui vorrei ci soffermassimo invece è la costruzione di un bagaglio di risorse che permettano ad ogni coppia di genitori di far fronte alla marea che li travolgerà. Non significa quindi che sia sbagliato organizzarsi, prepararsi e desiderare. Anzi è importantissimo.  Ma in un’ottica di flessibilità e di resilienza. 

Cosa significa quindi prepararsi nel modo giusto alla nascita?

  • Significa costruire certezze fatte di persone di supporto attorno, di professionisti in grado di accompagnare prima e dopo, di strumenti possibili, ma non obbligatori. 
  • Significa conoscere qual è la nostra àncora.
  • Significa fare insieme il viaggio che porterà ad accogliere la propria creatura, solidi e morbidi di fronte all’imprevedibilità degli avvenimenti. 
  • Significa dedicare tempo al corpo e alla mente in gravidanza, da subito.
  • Significa nutrire se stessi, perché arriverà il tempo del post parto in cui il cucciolo chiederà tanto, oltre quelle tre ore che ci sono state vendute come la normalità. 

Prepararsi in gravidanza significa allenarsi alla sorpresa, alimentando i desideri e riducendo le aspettative consapevoli che non tutto è nelle nostre mani, ma che possiamo metterci in gioco fino in fondo!

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