L’importanza di (ri)trovare il tempo per sé

Il tempo per sé stessi è spesso il primo a essere sacrificato. In questa società dove tutto corre velocissimo, come ci sentiamo se ci prendiamo del tempo per noi? Non ho tempo è la frase preferita da tantissime persone, ma la rivendicazione di tempo nuovo e vuoto, che possa essere di riposo, di lentezza, di calma, di niente è davvero importante e fondamentale per il nostro benessere psicofisico.

Quanto sappiamo stare in contatto con il vuoto?

Il tempo vuoto parla di noi, e se c’è chi appena lo incontra cerca immediatamente di riempirlo, c’è anche chi prova a stare in questo vuoto. Guardando al mio piccolo osservatorio di incontri con anime che provano ad iniziare un percorso per vivere meglio, inizialmente la fatica di stare in contatto con il vuoto e il tempo lento, senza fare nulla, è davvero faticoso. Poi piano piano, imparando a stare in contatto con le emozioni che ci vivono diventa più facile, ma prima bisogna superare lo scoglio iniziale che è fatto di infiniti sensi di colpa.

Il senso di colpa nascosto dietro ad un “NO”

Ma per capire perché è così difficile stare in questo tempo lento, dobbiamo fare un passo indietro e capire quanto è difficile dire di no agli altri per fare quello che ci fa stare bene. Il nostro grande nemico si chiama senso di colpa.

Se diciamo no, ci sentiamo in colpa.
Se diciamo di preferire altro da ciò che si aspettano gli altri, ci sentiamo in colpa.
Se non siamo come pensiamo che sia la perfezione, ci sentiamo in colpa.

Partendo da qui, l’invito è provare a sostituire il termine colpa con responsabilità. E torniamo a farci delle domande, perché stare sulla domanda aiuta ad aprire e ad amplificare.

Che responsabilità ho di stare nel tempo che ho a disposizione come desidero?
Che responsabilità ho nell’aiutarmi a stare bene?
Che responsabilità ho della mia vita e della vita degli altri?

Torniamo al noi, torniamo al tempo presente

Lo psichiatra Daniel Stern, nel 1998, ha parlato di tempo dell’essere con, di tempo presente. Ed è questo quello che dovremmo tornare a fare, tornare al tempo del gioco e della creatività. Proviamo a stare, per quanto possibile, nel tempo della noia, della lettura, del riposo, del tempo dilatato. Iniziamo un viaggio diverso verso noi stessi, anziché seguire un tempo definito da fuori, da una società che corre, ma corre veramente troppo allontanandoci dalla nostra natura e dalla nostra salute. 

Ascoltiamo il nostro corpo perché è un grande rivelatore

Quante volte accade che siamo talmente pieni e talmente stanchi che partiamo per le vacanze e tac, ci ammaliamo. Il nostro sistema immunitario è così appesantito che appena molla un attimo ci viene la febbre o il raffreddore, che è il modo migliore per il corpo di liberarci da uno stato di infiammazione. Un sintomo, nella teoria della complessità, è il miglior modo che un sistema trova in quel momento per la propria evoluzione. L’essere umano è un sistema complesso. Il nostro microcosmo è in costante collegamento e risonanza con il macrocosmo, ma se pensiamo di poter controllare la nostra natura ci sbagliamo di gran lunga. Il corpo ad un certo punto ci dice stop, così non posso più procedere. E ci ferma, ci fa fermare. 

Prenderci cura di noi, prima di arrivare al limite

Tante volte mi è capitato di sentire “non ce la faccio più, mi ricoverano se continuo così”. Ma, che responsabilità ho io in tutto questo? Potrebbe essere che una parte di noi avesse davvero voglia di quel ricovero per poter riposare ed essere “curato”?E quindi perchè non partire dal prenderci noi cura di noi? Prima di arrivare al limite.

Quanto mi conosco? Quanto mi metto al primo posto? Perché ci hanno raccontato, imbrogliandoci che siamo più “buoni” se aiutiamo gli altri, ma sicuri di poter davvero aiutare l’altro se prima non aiuti te stesso? In aereo le hostess dicono una cosa: in caso di discesa della mascherina, prima metterla a sé e poi ai bambini, quindi a chi non può fare da solo. Se io non sto bene, non posso far stare bene l’altro. 

Se io non mi prendo con responsabilità cura di me, come posso aiutare l’altro? E come voglio nutrire il mio tempo? Come voglio stare presente a me e all’altro?

Il tempo per sé è un inizio di cura, un inizio di avvicinamento a sé per stare bene, con sé e con l’altro. 

Il sé è quella parte profonda di noi che parla oltre il nostro io. Il sé è quel seme della pianta, in quel nucleo centrale di noi stessi, la teoria della ghianda per Hillman. Ognuno di noi porta dentro di sé l’immagine di quello che è destinato a diventare in futuro. Ma in tutto ciò noi abbiamo una grande responsabilità, quella di ascoltarci, di chiederci davvero nel profondo come stiamo nel nostro tempo per iniziare quel processo che ci porterà a trovare il proprio personale “chi sono?”.

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